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STORIA E PECULIARITÀ DEL MITICO SAFARI RALLY KENYA

19 Aprile 2025

Redazione

Scritto da: Marco Amabile

Tra lande desolate, guadi insidiosi e la presenza incombente della fauna selvatica, il Safari Rally Kenya (tappa del WRC) continua a esercitare un fascino primitivo, intriso delle difficoltà estreme dei suoi percorsi. Ripercorrendo una storia epica, segnata da eventi che ne hanno plasmato per sempre l’immagine, ci immergeremo nell’ambizioso progetto del Kenya di riportare in vita lo spirito selvaggio delle origini. Da un umile e modesto pub nella contea di Kiambu, dove tutto ebbe inizio, fino alle attuali dichiarazioni del presidente Ruto. Questo articolo è un viaggio nel tempo alla scoperta di un rally sospeso tra un passato glorioso, un presente incerto e un futuro che oscilla tra sogno e realtà.

STORIA DELL’EVENTO AFRICANO

Da un po’ di tempo a questa parte, il presidente del Kenya, William Samoei Ruto, insieme ad alcuni esponenti FIA, sta discutendo per la riesumazione di quello che un tempo era conosciuto con il nome di East African Coronation Safari e che oggi fa riferimento al Safari Rally Kenya. L’intento è quello di ripartire dalle origini, quando i chilometri erano molti di più (5160 km) e il Safari Rally Kenya si disputava durante la stagione primaverile. Gran parte dei lavori sono già stati indirizzati in questo senso: la stagione attuale del WRC, di cui il Safari Rally Kenya è tornato a far parte dal 2021, ha visto un totale di 384 km circa di prove speciali, sicuramente un chilometraggio minore rispetto alle distanze epiche delle origini, ma superiore a quello delle edizioni precedenti al ritorno nel calendario mondiale. Le gare si sono svolte nel mese di marzo e anche questo dettaglio è un chiaro riferimento che naviga verso la dimensione originale di questa affascinante competizione. Ma qual è la vera natura di questo rally dalle sfumature esotiche e dai contorni leggendari?

Per poterlo scoprire dobbiamo viaggiare indietro nel tempo e cercare di esaminare più da vicino quelli che sono stati gli avvenimenti più importanti che hanno segnato per sempre la storia di questa gara. Partiamo dall’inizio e dalla data della sua nascita. Era il 1952, quando una triade tanto inusuale quanto audace, formata da Eric Cecil, suo cugino Neil Vincent e un loro amico Eric Tromp, si riunì in un pub per discutere della loro passione: il motorsport. Da questo luogo prese forma l’idea di organizzare un rally capace di radunare i migliori talenti dell’Africa Orientale. Le motivazioni, tuttavia, non furono soltanto agonistiche: a ispirare il nome della competizione contribuì infatti la celebrazione dell’incoronazione della regina Elisabetta II, che proprio in quel periodo era in visita ufficiale presso una residenza della regione di Nyeri, nell’altopiano centrale del Paese. Da qui, venne a conoscenza della morte di suo padre, re Giorgio VI e della sua prossima incoronazione a nuova regina d’Inghilterra. Così, il 27 maggio 1953, 57 piloti locali partirono sulle ali dell’entusiasmo di quel sogno nato l’anno precedente da tre amici seduti in un pub sperduto della contea di Kiambu. L’evento fu organizzato in quei territori che all’epoca del Commonwealth facevano parte delle colonie della Corona, tra cui il Kenya, l’Uganda e l’attuale Tanzania.

CARATTERISTICHE PRINCIPALI E LEGGENDE

Le caratteristiche principali di questo immenso tracciato prevedevano: territori selvaggi e impervi che si snodano attraverso la savana africana e alcune cittadine dell’Africa Orientale, passando per strade aperte al pubblico. Caldo estremo, piogge torrenziali, fiumi in piena e animali selvatici contribuirono ad alimentare la fama del rally, riconosciuto in seguito come il “rally più duro del mondo”.

Una delle caratteristiche tecniche più distintive dei veicoli che partecipano a questo torneo, è il bocchettone, comunemente noto come “snorkel”. Questi dispositivi, che ricordano gli snorkel utilizzati dai subacquei, sono montati sui veicoli per spostare l’aspirazione dell’aria dall’interno del motore all’esterno, sopra il tettuccio. Questa modifica è fondamentale per permettere ai motori di “respirare” durante gli attraversamenti di guadi e corsi d’acqua, impedendo a polvere, fango e detriti di penetrare all’interno del motore. La combinazione di queste sfide estreme e delle soluzioni tecniche innovative hanno reso questa competizione un laboratorio ideale per le case costruttrici, che hanno prontamente colto l’occasione per testare nuove tecnologie del settore automobilistico.

Nonostante le diverse sfide tecniche e di tracciato, la svolta definitiva avvenne soltanto nel 1973, quando l’evento fu integrato ufficialmente nel calendario del WRC e il rally assunse una fama di livello internazionale. Da questo momento, il “Safari Rally Kenya”, com’era stato ribattezzato, vide nuove categorie di piloti e scuderie provenire da tutto il mondo. Tra i piloti più iconici ricordiamo: Shekhar Mehta, che, al volante della sua Datsun, vinse per ben cinque volte il rally keniano nel giro di un decennio, detenendo, ad oggi, il record assoluto di vittorie. Con un solo trofeo in meno, Björn Waldegård, che, con Ford prima (1977) e con Toyota poi (1984, 1986 e 1990), ha riscritto le pagine di storia di questa competizione, gareggiando per circa tre decenni. A seguire, con tre trofei ciascuno, Juha Kankkunen, primo pilota della storia del Safari Rally Kenya a vincere al primo tentativo e Colin McRae, che conquistò l’ultima edizione del rally africano prima che quest’ultimo venisse escluso dal WRC per quasi due decadi, dal 2003 al 2021, a causa di problemi logistici e di sicurezza.

Durante questo intero arco di tempo, il Safari Rally Kenya venne dirottato all’interno dell’African Rally Championship (ARC), diventando di fatto una competizione regionale. Successivamente, grazie alla tenacia e alla volontà del governo keniano, la FIA decise di scendere a patti, includendo nuovamente il Rally del Kenya all’interno del calendario ufficiale del WRC. Da allora, il Safari Rally Kenya ha continuato a regalare emozioni e competizioni memorabili, come dimostrato dall’edizione 2025, che ha visto Elfyn Evans e Scott Martin dominare la gara a bordo della loro Toyota GR Yaris Rally1. Ott Tänak, su Hyundai, ha conquistato il secondo posto con un distacco di 1’09”, mentre Thierry Neuville e Sami Pajari hanno completato il podio rispettivamente in terza e quarta posizione.

NOVITÀ IN VISTA DEL FUTURO

Le caratteristiche primitive di questa competizione fanno pensare a tutto fuorché un ritorno totale alle origini, eppure, l’agenda di Nairobi ha obiettivi ben precisi per il futuro del suo rally di punta, come espresso dal presidente Ruto durante una delle sue ultime interviste. Il presidente del Kenya ha infatti affermato di voler riportare il rally a “distanze più ampie”, ordinando al Ministro dello Sport, Ababu Namwamba, di avviare trattative con la FIA e il Promoter WRC per discutere della possibilità di una nuova versione del rally che comprenda distanze più lunghe di quelle attuali. Sulla questione è intervenuto anche David Richards, esponente di spicco del comitato di lavoro istituito dalla FIA per il rinnovamento del WRC, confermando una valutazione in corso da parte del suo team sulle richieste del governo keniano di inserire una seconda base operativa a Mombasa, con conseguente estensione del tracciato oltre gli attuali limiti. Questa prospettiva ridà speranza ai puristi del rally e a chi considera le recenti evoluzioni regolamentari una minaccia all’anima selvaggia di queste competizioni. Ciò nonostante, rimane difficile, se non impossibile, sperare in un ritorno completo alle tradizioni.

C’è poi la questione turistica: il Safari Rally Kenya rimane uno degli eventi catalizzatori del Kenya, in grado di promuovere l’immagine del Paese attraverso la riscoperta di paesaggi e bellezze unici. Non per niente, molte delle strutture ricettive della regione di Naivasha, incorniciate dallo scenario suggestivo del Parco Nazionale del Maasai Mara e dallo straordinario panorama della Great Rift Valley, sono andate sold out dopo l’annuncio ufficiale del percorso 2025, che ha puntato i riflettori proprio su questi scenari iconici. È dunque chiaro che la volontà keniana di ripristinare tracciati più estesi trova ulteriore giustificazione in queste dinamiche, che uniscono valore sportivo, identitario e turistico.

Insomma, il Safari Rally Kenya ha subito ritocchi significativi che ne hanno trasformato l’immagine selvaggia per sempre. Eppure, c’è chi ancora spera in un ritorno alle tradizioni, capace di restituire a questa gara off-road la sua imprevedibilità e adrenalina primordiale. Le parole del presidente keniano e il fervore del popolo locale sono una chiara testimonianza del desiderio di preservare un’identità unica, che trova espressione in un rally libero da eccessive regole e compromessi. Solo così il “rally più duro al mondo” potrà continuare a regalare emozioni autentiche, incarnando lo spirito avventuroso e spericolato che definisce l’essenza stessa del rally.

Credit: Toyota Gazoo Racing WRT (X)